AttualitàRaccolto Dimezzato e Prezzi Raddoppiati: la Crisi della Nocciola Mette in Allarme l’Industria Dolciaria Guarda le VideoricetteSeguici su YouTube Anelli di Zucchine Seguici su YouTube! Anelli di Zucchine Il settore corilicolo italiano attraversa una crisi senza precedenti che minaccia l’intera filiera dell’industria dolciaria nazionale. Le stime della CIA-Agricoltori Italiani delineano uno scenario allarmante per il 2025, con una produzione di nocciole che registra un crollo del 60% rispetto all’anno precedente, trascinando con sé conseguenze economiche devastanti per un comparto che impiega migliaia di aziende agricole e alimenta un indotto strategico dall’industria dolciaria all’export di eccellenza.La fotografia della crisi emerge con drammatica chiarezza dai dati ufficiali: dopo le 102.000 tonnellate prodotte nel 2023, già in calo rispetto agli anni precedenti, la produzione è scesa ulteriormente a 85.000 tonnellate nel 2024. La nuova stagione conferma l’aggravamento della situazione, con un calo che interessa circa 95.000 ettari di noccioleti distribuiti principalmente tra Piemonte, Lazio e Campania, le tre regioni che costituiscono il cuore della nocciolicoltura nazionale.Il presidente della CIA-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, descrive senza mezzi termini quella del 2025 come “un’altra annata nera per la produzione che crolla del 60% per l’impatto del climate change”. La testimonianza diretta dei produttori conferma la gravità della situazione: Daniela Ferrando, dalla provincia di Alessandria, racconta come “rispetto a una resa normale di 20 quintali a ettaro, la raccolta è ferma a 5”, evidenziando le drammatiche perdite che caratterizzano questa stagione.Le cause di questa crisi multiforme affondano le radici nei cambiamenti climatici che hanno generato una sequenza di eventi estremi particolarmente dannosi per le coltivazioni. L’inverno eccessivamente mite del 2024-2025 ha compromesso i normali cicli vegetativi delle piante, seguito da piogge primaverili violente che si sono alternate ad ondate di calore e periodi di siccità estiva. Questi fenomeni hanno innescato il fenomeno della cascola precoce, ovvero la caduta anomala dei frutti molto prima della maturazione, che ormai da tre stagioni consecutive affligge i noccioleti italiani.Il Piemonte, patria della rinomata Tonda Gentile delle Langhe, rappresenta l’area più colpita dalla crisi produttiva. In molti appezzamenti coltivati con questa varietà pregiata si registrano perdite comprese tra il 50% e il 70%, con alcune zone che raggiungono punte di cascola ancora più elevate. La situazione ha spinto gli esperti a concentrare l’attenzione sulle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) come possibile soluzione futura per selezionare varietà più resistenti agli stress ambientali, sebbene questa rappresenti una prospettiva a lungo termine.Il Lazio non vive una situazione migliore, con stime iniziali di produzione tra le 35.000 e le 40.000 tonnellate che si sono notevolmente ridotte a causa degli eventi climatici estremi, traducendosi in una perdita di circa il 40% del potenziale produttivo regionale. Gli impianti più giovani mostrano una maggiore resistenza, mantenendo rese vicine alle aspettative, mentre quelli più vecchi subiscono perdite che vanno dal 60% al 100%, spingendo alcuni produttori alla decisione estrema di non procedere con la raccolta per evitare ulteriori costi operativi.In Campania, tradizionalmente importante per varietà come la Tonda di Giffoni IGP, la produzione 2025 risulta nuovamente sotto la media, con un calo stimabile intorno al 30-40% rispetto al potenziale dell’areale. La situazione è complicata ulteriormente dall’emergere di problematiche fitosanitarie specifiche, in particolare l’invasione della cimice asiatica che, insieme al marciume bruno e ad altre patologie, sta compromettendo non solo la quantità ma anche la qualità delle produzioni, creando una disomogeneità qualitativa significativa tra le diverse zone produttive.La cimice asiatica (Halyomorpha halys) rappresenta infatti uno dei principali nemici della nocciolicoltura italiana contemporanea. Questo parassita alieno, favorito dai cambiamenti climatici, ha trovato nelle condizioni ambientali italiane un habitat ideale per la sua proliferazione, causando danni che in alcune zone raggiungono il 70-80% delle produzioni, con picchi del 100% in aree particolarmente colpite. La Regione Lazio ha quantificato in 160 milioni di euro i danni complessivi alle produzioni causati da questa problematica, spingendo le istituzioni regionali a richiedere congiuntamente con Piemonte e Campania il riconoscimento dello stato di calamità naturale.La scarsità dell’offerta nazionale si riflette immediatamente sui prezzi di mercato, con previsioni che indicano un possibile raddoppio delle quotazioni rispetto al 2024. Questo incremento dei costi di approvvigionamento genera preoccupazioni significative per l’industria dolciaria italiana, che dipende fortemente dalle nocciole per la produzione di creme spalmabili, cioccolato, gelati e altri prodotti iconici del made in Italy. Il settore gelatiero, in particolare, sta già registrando l’impatto economico di questa crisi, con alcuni artigiani costretti a includere la nocciola tra i gusti che prevedono un sovrapprezzo o a esplorare alternative di qualità ma più accessibili economicamente.La situazione italiana si inserisce in un contesto internazionale altrettanto complesso. La Turchia, che domina il mercato mondiale delle nocciole con il 70% della produzione globale, ha subito anch’essa significative perdite produttive a causa di gelate primaverili straordinarie che hanno colpito le principali aree di coltivazione, con temperature scese fino a -15°C nelle regioni di Ordu, Samsun e Sakarya. Le prime valutazioni dei danni parlano di perdite pari ad almeno il 20% del raccolto turco 2025, con stime ufficiali che oscillano tra le 520.000 tonnellate dell’Istituto Statistico Turco e le 609.400 tonnellate degli esportatori.La crisi produttiva globale ha determinato un’impennata delle quotazioni internazionali, con i prezzi delle nocciole turche che hanno registrato un aumento del 23% nel 2024 rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 12.000 dollari per tonnellata secondo i dati della società Areté, con un incremento del 14% rispetto a luglio e del 56% rispetto allo stesso periodo del 2024. Questo rialzo si somma al boom del cacao, creando una pressione sui costi senza precedenti per le due materie prime che compongono prodotti iconici come la Nutella.Ferrero, colosso di Alba e primo acquirente mondiale di nocciole con un fabbisogno che supera l’intera produzione nazionale italiana, prova a rassicurare i mercati dichiarando di “diversificare le fonti di approvvigionamento a livello globale” e di non prevedere “discontinuità lungo la filiera”. La multinazionale piemontese utilizza nocciole provenienti da Turchia, Italia, Cile e Stati Uniti, alternando i raccolti dell’emisfero nord a quelli del sud per garantire continuità produttiva, ma l’aumento generalizzato dei costi delle materie prime rappresenta comunque una sfida significativa per l’intero settore.La crisi della nocciola italiana si intreccia inoltre con problematiche legate alla qualità e alla sicurezza alimentare delle importazioni, in particolare quelle provenienti dalla Turchia. La Coldiretti ha più volte segnalato l’elevato numero di allarmi alimentari scattati in Europa per le aflatossine nelle nocciole turche, sostanze tossiche potenzialmente cancerogene prodotte da muffe che si sviluppano in condizioni ambientali non ottimali. Nel 2018 sono stati registrati 17 allarmi per aflatossine nelle nocciole turche, evidenziando un problema di qualità che si affianca a quello della concorrenza sui prezzi.Nonostante le difficoltà, l’Italia mantiene il secondo posto nella produzione mondiale di nocciole dopo la Turchia, con quasi 100.000 ettari coltivati e può vantare tre denominazioni di origine riconosciute dall’Unione Europea: la Nocciola del Piemonte IGP, la Nocciola di Giffoni IGP e la Nocciola Romana DOP. Queste eccellenze qualitative rappresentano un patrimonio unico che l’industria dolciaria italiana deve preservare e valorizzare, nonostante le crescenti difficoltà produttive.La ricerca scientifica sta intensificando gli sforzi per trovare soluzioni alla crisi della nocciolicoltura italiana. Tra le strategie in fase di sviluppo emergono il ringiovanimento degli impianti più vecchi, l’adozione di varietà più resistenti agli stress climatici, il miglioramento delle pratiche agronomiche e lo sviluppo di sistemi di difesa sostenibile contro i parassiti. La Regione Lazio ha destinato 30.000 euro per uno studio specifico condotto direttamente sulle piante per analizzare scientificamente il fenomeno della cascola e individuare le contromisure più efficaci.Le prospettive future del settore dipenderanno dalla capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e dalla realizzazione di interventi strutturali che possano garantire la sostenibilità economica e ambientale della nocciolicoltura italiana. La dichiarazione dello stato di calamità naturale, richiesta congiuntamente da Lazio, Piemonte e Campania, potrebbe consentire l’accesso a specifiche vie di finanziamento per aiuti e risarcimenti alle aziende agricole danneggiate, rappresentando un primo passo verso la ripresa del settore.In questo scenario di crisi generalizzata, emerge con particolare evidenza l’importanza strategica della nocciola per l’economia agroalimentare italiana e la necessità di politiche di sostegno mirate che possano preservare questo patrimonio produttivo. Il futuro della nocciolicoltura italiana si gioca sulla capacità di innovazione tecnologica, sulla resilienza climatica degli impianti e sulla valorizzazione delle eccellenze qualitative che distinguono le produzioni nazionali nel panorama mondiale, elementi essenziali per mantenere competitiva un’industria dolciaria che rappresenta una delle punte di diamante del made in Italy agroalimentare.