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Spreco Alimentare, Italiani Spreconi: Buttiamo Più di Mezzo Chilo di Cibo a Settimana

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Anelli di Zucchine

L’Italia continua a sprecare troppo cibo rispetto al resto d’Europa, nonostante un miglioramento registrato nell’ultimo anno. Secondo i dati del nuovo rapporto Waste Watcher International presentato il 25 settembre 2025, ogni cittadino italiano getta nella spazzatura 555,8 grammi di alimenti a settimana, equivalenti a oltre 28,9 chilogrammi annui di cibo sprecato per persona.

Il dato rappresenta una riduzione significativa rispetto ai 683 grammi settimanali dell’agosto 2024 e segna un miglioramento di 95 grammi settimanali rispetto al 2015, quando si registravano 650 grammi pro capite. Tuttavia, questa diminuzione del 18,7% non risulta sufficiente per allineare l’Italia alla media europea, dove permangono differenze sostanziali con i principali partner continentali.

Il confronto con gli altri Paesi europei evidenzia chiaramente il ritardo italiano nella lotta agli sprechi alimentari domestici. La Germania registra 512,9 grammi settimanali, la Francia 459,9 grammi, la Spagna 446,5 grammi, mentre i Paesi Bassi si attestano sui 469,5 grammi. Questi numeri collocano l’Italia stabilmente al di sopra della media comunitaria, confermando la necessità di interventi più incisivi per raggiungere gli standard europei.

La ricerca, condotta dall’Osservatorio Waste Watcher International in collaborazione con l’Università di Bologna e l’istituto Ipsos, è stata presentata in vista della sesta Giornata internazionale di consapevolezza delle perdite e sprechi alimentari del 29 settembre. L’indagine si basa su un campione rappresentativo di mille italiani intervistati ad agosto 2025, fornendo una fotografia aggiornata delle abitudini alimentari nazionali.

Andrea Segrè, direttore scientifico di Waste Watcher e fondatore della campagna Spreco Zero, ha sottolineato come l’inflazione alimentare del 3,7% registrata nell’estate 2025 possa aver influenzato positivamente la consapevolezza delle famiglie, spingendole verso acquisti più ponderati e una maggiore attenzione alla prevenzione degli sprechi. Nonostante questo progresso, l’obiettivo fissato dall’Agenda Onu 2030 rimane distante.

Il traguardo internazionale prevede infatti di ridurre lo spreco alimentare a 369,7 grammi settimanali per persona entro il 2030, corrispondente al dimezzamento dello spreco rispetto ai livelli del 2015. Per raggiungere questo obiettivo, l’Italia dovrebbe tagliare ulteriori 186 grammi settimanali di sprechi, una sfida che richiede un cambio di passo significativo nei comportamenti individuali e nelle politiche pubbliche.

L’analisi territoriale rivela notevoli differenze geografiche all’interno del Paese. Il Centro Italia emerge come l’area più virtuosa con 490,6 grammi settimanali di spreco pro capite, seguito dal Nord con 515,2 grammi. Il Sud conferma invece la sua posizione di fanalino di coda con 628,6 grammi settimanali, un dato che supera di oltre 70 grammi la media nazionale e rappresenta una criticità strutturale da affrontare con interventi mirati.

Le dinamiche sociali influenzano significativamente i comportamenti di spreco. Le famiglie con figli risultano più virtuose, riducendo gli sprechi del 17% rispetto ai nuclei senza figli, mentre nei grandi centri urbani si registra una diminuzione del 9% rispetto ai comuni di medie dimensioni. Questi dati suggeriscono l’importanza della sensibilizzazione familiare e della dimensione urbana nella promozione di comportamenti sostenibili.

La classifica degli alimenti più sprecati conferma le tendenze consolidate degli anni precedenti. La frutta fresca guida la lista con 22,9 grammi settimanali buttati per persona, seguita dalla verdura fresca con 21,5 grammi e dal pane con 19,5 grammi. Completano la graduatoria l’insalata con 18,4 grammi e cipolle e tuberi con 16,9 grammi, evidenziando come i prodotti deperibili rappresentino la maggiore criticità nella gestione domestica degli alimenti.

L’impatto economico dello spreco alimentare italiano raggiunge proporzioni considerevoli. Il solo spreco domestico costa alle famiglie italiane 8,2 miliardi di euro annui, mentre considerando l’intera filiera agroalimentare il danno economico supera i 14 miliardi di euro. Ogni cittadino spreca mediamente 139,71 euro di cibo all’anno, una cifra che potrebbe essere reinvestita in acquisti più consapevoli o destinata ad altri bisogni familiari.

Le conseguenze ambientali assumono dimensioni altrettanto preoccupanti. Lo spreco alimentare domestico italiano genera 7,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, corrispondenti al 2% delle emissioni nazionali totali. Ogni chilogrammo di cibo sprecato produce 2,51 chilogrammi di anidride carbonica, trasformando gli sprechi domestici in uno dei principali fattori di impatto climatico del settore alimentare.

Il contesto europeo ha recentemente modificato la propria strategia di contrasto agli sprechi alimentari. La revisione della Waste Framework Directive, approvata dal Parlamento europeo il 9 settembre 2025, ha stabilito obiettivi vincolanti ma meno ambiziosi rispetto alle richieste originarie dell’Agenda Onu 2030. I nuovi target prevedono una riduzione del 10% negli sprechi di produzione e trasformazione alimentare e del 30% pro capite nei consumi finali entro il 2030.

Questo approccio rappresenta un compromesso tra ambizioni di sostenibilità e realismo operativo, ma secondo gli esperti potrebbe non essere sufficiente per affrontare l’emergenza alimentare globale. Nel mondo si sprecano annualmente 1,5 miliardi di tonnellate di cibo, equivalenti a un terzo della produzione totale, mentre 673 milioni di persone soffrono la fame e 2,3 miliardi vivono in condizioni di insicurezza alimentare.

La sfida italiana si inserisce quindi in un quadro globale di urgenza che richiede interventi coordinati a tutti i livelli. Le pressioni economiche, in particolare l’inflazione che ha colpito i generi alimentari nell’estate 2025, potrebbero rappresentare un’opportunità per accelerare il cambiamento dei comportamenti di consumo. La riduzione degli sprechi non costituisce solo un imperativo etico e ambientale, ma anche una necessità economica per le famiglie italiane alle prese con l’aumento del costo della vita.

Il percorso verso l’obiettivo 2030 richiederà un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti: dalle istituzioni alle imprese, dalle scuole alle famiglie. Solo attraverso un’azione coordinata e continuativa sarà possibile colmare il divario con i partner europei e contribuire efficacemente alla lotta globale contro lo spreco alimentare, trasformando una criticità strutturale in un’opportunità di sviluppo sostenibile per il Paese.