AttualitàDavvero l’Ananas è un Cibo Brucia Grassi? Guarda le VideoricetteSeguici su YouTube Anelli di Zucchine Seguici su YouTube! Anelli di Zucchine La diffusione planetaria dell’ananas, frutto tropicale approdato sulle tavole europee nel XVI secolo, ha imbastito nel tempo una fitta trama narrativa che lo ha trasformato da semplice alimento esotico a presunto alleato miracoloso delle diete dimagranti, complice la suggestione di un enzima, la bromelina, descritto spesso – a torto – come una sorta di fiammifero capace di incendiare i depositi adiposi con un semplice morso.L’ipotesi secondo cui la sola ingestione del frutto permetterebbe al metabolismo di accelerare la lipolisi ha attecchito nel grande pubblico grazie a slogan pubblicitari e a interpretazioni semplificate di studi in vitro, nei quali estratti concentrati di bromelina mostravano potenziali effetti antinfiammatori o diuretici; tuttavia, una meticolosa analisi delle ricerche cliniche pubblicate evidenzia come l’attività proteolitica dell’enzima, pur favorendo la digestione delle proteine e contribuendo in alcuni contesti alla riduzione degli edemi, non abbia mai dimostrato di possedere un’influenza significativa sull’ossidazione dei trigliceridi in vivo quando il composto viene assunto in quantità fisiologiche, cioè attraverso il semplice consumo di ananas fresco.Sul piano nutrizionale l’ananas offre un profilo mediamente ipocalorico: 100 g di polpa edibile apportano 42–50 kcal, valore sovrapponibile a quello di una mela e inferiore rispetto a frutti notoriamente più energetici quali uva o banana. La preponderanza calorica proviene quasi interamente da zuccheri semplici – glucosio, fruttosio, saccarosio – mentre la quota lipidica risulta trascurabile e il contenuto proteico non supera lo 0,5 %, con un modesto contributo di fibra (circa 1 g/100 g) che, seppur limitato, coopera all’induzione del senso di sazietà.Focalizzando l’attenzione sulla bromelina, è necessario sottolineare che l’enzima si concentra soprattutto nel gambo fibroso, parte comunemente scartata a causa della consistenza coriacea, e che la sua attività biologica si riduce sensibilmente durante i processi di riscaldamento e di conservazione industriale, motivo per cui l’ananas in scatola – spesso immerso in sciroppi zuccherini – non rappresenta una fonte attendibile della molecola. In integratori specifici le dosi giornaliere oscillano tra 500 e 2.000 mg, con una standardizzazione dichiarata in GDU, ma l’evidenza clinica a supporto di un reale impatto sul dimagrimento rimane limitata a studi pilota condotti in modelli animali o su piccole coorti di pazienti obesi con comorbidità metaboliche, le cui conclusioni suggeriscono al più un lieve beneficio sul peso totale mediato da un miglior drenaggio dei fluidi extracellulari e da una parziale modulazione di citochine pro-infiammatorie.Risulta pertanto fuorviante equiparare un decremento temporaneo della ritenzione idrica alla perdita di massa grassa, fenomeno che richiede un bilancio energetico negativo stabilmente perseguito mediante restrizione calorica controllata e incremento del dispendio energetico attraverso l’attività fisica, strategie che la letteratura scientifica continua a individuare come unici cardini efficaci e sostenibili per la riduzione del tessuto adiposo.Nei circuiti mediatici la credenza nell’ananas brucia-grassi si intreccia spesso con la teoria, altrettanto infondata, dei cosiddetti «cibi a calorie negative», secondo la quale alimenti particolarmente ricchi di acqua e fibre – sedano, cetriolo, lattuga – determinerebbero un dispendio digestivo superiore all’energia che forniscono, generando un ipotetico deficit calorico automatico. Gli studi di termogenesi indotta dalla dieta, però, dimostrano che l’incremento metabolico post-prandiale raramente supera il 10 % del contenuto energetico assunto, percentuale insufficiente a ribaltare il bilancio anche per i vegetali più poveri di calorie; di conseguenza l’idea di dimagrire semplicemente masticando frutta o ortaggi, senza intervenire su porzioni complessive e stile di vita, appare priva di basi fisiologiche.Nel quadro di una dieta equilibrata l’ananas può comunque giocare un ruolo positivo: la discreta concentrazione di vitamina C contribuisce al potere antiossidante complessivo dell’alimentazione, il contenuto di manganese supporta la funzionalità di enzimi coinvolti nel metabolismo dei carboidrati, e la presenza di acqua favorisce l’idratazione, caratteristiche che rendono il frutto un’ottima opzione per spuntini rinfrescanti. Tali vantaggi, tuttavia, non legittimano la trasformazione del prodotto in un surrogato di un piano dietetico strutturato né la sua elezione a panacea per la riduzione della massa corporea.Le organizzazioni sanitarie internazionali e le società scientifiche di nutrizione, analizzando il corpo di evidenze disponibili, convergono sull’assenza di alimenti dotati di un potere lipolitico intrinseco tale da compensare l’eccesso calorico alimentare, evidenziando come la ricerca incentrata sugli enzimi proteolitici dell’ananas abbia prodotto risultati promettenti in settori differenti, quali la modulazione dell’infiammazione post-chirurgica o la facilitazione del riassorbimento degli edemi traumatologici, ma non abbia mai confermato un vantaggio clinico netto sulla composizione corporea se isolata da un contesto dietetico complessivo.Alla luce di tali considerazioni la narrazione sensazionalistica che dipinge il frutto come «cibo brucia grassi» si rivela un artefatto comunicativo, amplificato da campagne promozionali e dalla domanda, sempre viva, di «scorciatoie» metaboliche. La disamina critica dei dati mostra che l’ananas, inserito all’interno di una cornice alimentare varia, può certamente contribuire alla qualità nutrizionale complessiva, ma non possiede attributi thermogenici diretti né può sostituire il duplice pilastro di restrizione calorica ponderata e regolare esercizio fisico, unico binomio validato per una perdita di peso reale e duratura.