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Pizza alle stelle: Dove Costa di Più?

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Anelli di Zucchine

Un tempo simbolo di convivialità accessibile a tutti, oggi la pizza diventa sempre più un lusso per le tasche degli italiani. L’ultimo rapporto del Centro di formazione e ricerca sui consumi (Crc) rivela un dato allarmante: in appena sei anni, il costo medio di una pizza con bevanda è cresciuto del 18,3%, raggiungendo i 12,14 euro a persona. Ma la vera sorpresa arriva dalla geografia dei prezzi, con città insospettabili che si contendono il primato del “caro-pizza”.

Contrordine gastronomico: non sono le grandi metropoli o le località turistiche a guidare la classifica delle pizzerie più costose d’Italia. Il dato che emerge dall’analisi condotta su 59 province italiane, basata sui dati Istat pubblicati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, vede Reggio Emilia in cima alla classifica con un costo medio di 17,58 euro per una pizza e una bevanda. Un primato inatteso per la città emiliana, che ospita la pluripremiata pizzeria “Piccola Piedigrotta”, locale che nel 2024 si è piazzato al 58esimo posto nella prestigiosa classifica “50 Top Pizza”.

Sul podio delle città più costose troviamo anche Siena, con una media di 17,24 euro, e Macerata, dove per una pizza con bevanda si spendono mediamente 16,25 euro. In totale sono sette le province italiane dove il prezzo medio supera i 14 euro a consumazione, un dato che testimonia come la pizza stia progressivamente abbandonando il suo ruolo di pasto economico e popolare per diventare, in alcune realtà, un’esperienza gastronomica sempre più onerosa.

Particolarmente significativi sono anche i prezzi massimi registrati in alcune località: a Palermo si può arrivare a spendere fino a 28 euro per una pizza, mentre a Venezia il conto può raggiungere i 26 euro. A Reggio Emilia e Padova si tocca quota 21 euro, mentre Milano, Siena e Macerata si attestano sui 20 euro. Cifre che riflettono l’affermarsi del fenomeno delle pizze gourmet e delle location di prestigio, che hanno contribuito a innalzare significativamente la fascia alta dei prezzi.

A sorprendere è anche la classifica delle città più economiche: contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è Napoli, culla della pizza, ma Livorno a offrire i prezzi più contenuti, con una media di appena 8,75 euro per pizza e bevanda. Seguono Reggio Calabria (9,15 euro), Pescara (9,37 euro) e Catanzaro (9,96 euro), uniche province dove è ancora possibile concedersi una pizza con meno di 10 euro.

I dati mostrano un netto cambiamento rispetto alle rilevazioni del passato. Se guardiamo indietro, a fine 2024 era Sassari a guidare la classifica delle città più care con 14,11 euro di spesa media, seguita da Bolzano (13,90 euro), Milano (13,50 euro) e Venezia (13,47 euro). E andando ancora più indietro, al 2019, secondo l’Osservatorio prezzi Fipe-Confcommercio, Milano era la città più cara con 10,09 euro, mentre a Napoli si spendeva appena 6,91 euro. Un confronto che evidenzia non solo l’aumento generalizzato dei prezzi, ma anche un riassetto nella geografia economica della ristorazione italiana.

Dietro questo costante incremento dei prezzi si celano diverse cause, come spiega il presidente del comitato scientifico del Centro di formazione e ricerca sui consumi, Furio Truzzi: “Alla base dei rincari che hanno colpito uno dei prodotti alimentari più apprezzati nel mondo, ci sono una serie di fattori. Prima la pandemia Covid, poi il caro-energia, hanno determinato una crescita dei costi in capo alle pizzerie che sono stati scaricati sui consumatori finali attraverso un incremento dei prezzi al dettaglio”. L’esplosione dell’inflazione post-pandemica ha infatti colpito duramente il settore della ristorazione, con aumenti significativi nei costi delle materie prime, dell’energia e del personale.

Interessante notare come il divario tra Nord e Sud, così come tra città turistiche e centri minori, si stia sempre più assottigliando. Se un tempo era netta la differenza di prezzo tra le grandi metropoli settentrionali e le città del Mezzogiorno, oggi la geografia dei prezzi appare più articolata e meno prevedibile. Città di medie dimensioni del Centro-Nord come Reggio Emilia e Siena superano nettamente metropoli come Milano o Roma, mentre alcune città del Sud, tradizionalmente più economiche, vedono aumentare progressivamente i loro prezzi.

Un altro aspetto rilevante è l’ampia forbice di prezzi che si riscontra all’interno delle stesse città. A Venezia, ad esempio, si può spendere da un minimo di 10,50 euro fino a un massimo di 24 euro per lo stesso tipo di consumazione, mentre a Milano il range va dagli 8 ai 19,50 euro. Anche a Trento la variabilità è notevole: da 8,70 a 18,80 euro. Più contenute invece le differenze in città come Perugia e Pescara, dove la variazione di prezzo non supera i 2 euro tra locali economici e quelli più costosi.

Il fenomeno del “caro-pizza” si inserisce in un contesto più ampio di trasformazione della ristorazione italiana, con una crescente polarizzazione dell’offerta: da un lato le pizzerie tradizionali che cercano di mantenere prezzi accessibili nonostante l’aumento dei costi, dall’altro i locali che puntano su ingredienti di qualità superiore, impasti a lunga lievitazione e ambientazioni ricercate, giustificando così prezzi più elevati.

Nel frattempo, la pizza resta uno dei piatti più amati e consumati dagli italiani: secondo alcune stime, nel nostro Paese si vendono circa 5 milioni di pizze ogni giorno, 135 milioni al mese, per un totale di oltre 1 miliardo e 600 milioni di pizze all’anno. Un mercato enorme che, nonostante gli aumenti, continua a rappresentare un pilastro fondamentale dell’economia della ristorazione italiana. Ma il rischio è che, proseguendo su questa strada di costanti rincari, questo simbolo della nostra cultura gastronomica perda progressivamente la sua caratteristica più preziosa: l’accessibilità a tutte le tasche.