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Nonna Catina aveva già inventato il Tiramisù nel 1900: ecco la ricetta originale che nessuno conosceva

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Anelli di Zucchine

Una scoperta straordinaria ha rivoluzionato la storia del dolce italiano più celebrato al mondo, rivelando come le origini del tiramisù affondino le radici in una piccola trattoria di Sacile, in provincia di Pordenone, dove agli inizi del Novecento una cuoca chiamata Nonna Catina preparava quello che oggi sappiamo essere l’antenato diretto del famoso dessert. La rivelazione è emersa grazie al prezioso ricettario scritto a mano conservato dalla nipote Sandra Micheletto, conosciuta da tutti come “Ducci”, che ha custodito gelosamente questa eredità culinaria fino alla sua scomparsa nell’agosto del 2024, lasciando una testimonianza video che ha permesso agli organizzatori della Tiramisù World Cup di identificare nel “Dolce Livenza” il predecessore storico del tiramisù moderno.

La storia di questa eccezionale scoperta inizia nel 1929, quando Sandra Micheletto nacque a Sacile e crebbe ascoltando i racconti della famiglia sulla celebre trattoria gestita dalla suocera di sua madre, Nonna Catina, situata in piazza nel centro della cittadina friulana. Il ricettario, che Sandra ricevette nel giorno del suo matrimonio come eredità familiare, conteneva una collezione di preparazioni scritte a mano, tra cui spiccava la ricetta del “Dolce Livenza”, un dessert che prendeva il nome dal fiume che attraversa Sacile e che rappresentava una delle specialità più apprezzate della trattoria. La signora Sandra, nel video-ricordo che ha permesso questa straordinaria rivelazione, spiegava come a quei tempi le giovani donne, non esistendo ancora i programmi televisivi di cucina o i ricettari commerciali diffusi, si sposavano portando con sé il patrimonio culinario delle proprie famiglie, tramandando di generazione in generazione le preparazioni più preziose e raffinate.

L’analisi della ricetta del Dolce Livenza ha rivelato sorprendenti similitudini con il tiramisù contemporaneo, confermando come questo antico dessert possa essere considerato a tutti gli effetti il progenitore del dolce al cucchiaio più famoso al mondo. Gli ingredienti base utilizzati da Nonna Catina comprendevano tuorli d’uovo, zucchero, caffè e cacao in polvere, elementi fondamentali che ritroviamo ancora oggi nella preparazione tradizionale del tiramisù, mentre le principali differenze riguardavano l’utilizzo della panna montata al posto del mascarpone, ingrediente che all’epoca non era ancora comunemente disponibile nelle cucine domestiche e nelle piccole trattorie di provincia. Al posto dei classici savoiardi, Nonna Catina utilizzava il pan di Spagna, più facilmente reperibile nella zona, e la ricetta prevedeva anche l’aggiunta facoltativa di cognac o rum per arricchire il sapore, benché la versione originale non contemplasse l’uso di alcol, rendendo il dolce adatto anche ai più piccoli.

La ricostruzione storica del Dolce Livenza ha assunto particolare rilevanza grazie all’intervento di Francesco Redi, ideatore e organizzatore della Tiramisù World Cup, che ha riconosciuto nell’antica ricetta di Nonna Catina la prova tangibile di come il tiramisù si sia evoluto nel tempo attraverso sperimentazioni e adattamenti regionali. Redi, che si trovava in tour tra New York e Toronto per celebrare il Tiramisù Day del 21 marzo, ha sottolineato come questa scoperta dimostri perfettamente il principio secondo cui “la tradizione è un’innovazione che ce l’ha fatta”, citando le parole dello storico Alberto Grandi, già giudice della competizione mondiale dedicata al celebre dessert. La testimonianza di Sandra Micheletto ha inoltre rivelato che il Dolce Livenza non era esclusivo della trattoria di Nonna Catina, ma veniva preparato anche in altri locali storici di Sacile, come la famosa osteria “Da Sfriso”, attiva dal 1919, confermando come questa preparazione fosse radicata nella tradizione gastronomica locale.

Il procedimento di preparazione del Dolce Livenza, descritto nel ricettario originale con estrema semplicità, prevedeva la preparazione del caffè con la moka e il successivo raffreddamento, seguita dalla lavorazione dei tuorli d’uovo con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza cremosa e uniforme. La panna veniva montata separatamente e conservata in frigorifero, mentre gli albumi venivano battuti a neve ferma prima di essere delicatamente incorporati al composto di tuorli insieme alla panna montata, creando una crema densa e omogenea che costituiva l’elemento caratterizzante del dolce. L’assemblaggio finale prevedeva l’alternanza di strati di crema e biscotti precedentemente inzuppati nel caffè amaro, con la crema come ultimo strato, e il dolce veniva poi conservato in frigorifero per almeno quattro-otto ore prima di essere servito con una generosa spolverata di cacao amaro.

La scoperta del Dolce Livenza si inserisce nel più ampio dibattito sulle origini del tiramisù, che ha visto contendersi la paternità del famoso dessert diverse regioni del Nord Est italiano, dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia, fino al Piemonte. Mentre fino a questo momento la versione più accreditata attribuiva la nascita del tiramisù moderno al ristorante “Alle Beccherie” di Treviso negli anni Settanta, ad opera del pasticciere Loly Linguanotto, la ricerca condotta dai coniugi Clara e Gigi Padovani aveva già spostato l’attenzione verso il Friuli, identificando nel “Tirime sù” del cuoco Mario Cosolo del ristorante “Al Vetturino” di Pieris, datato 1950, uno dei primi precedenti documentati del dolce. La testimonianza di Nonna Catina, tuttavia, retrodaterebbe ulteriormente le origini del tiramisù agli inizi del Novecento, confermando come il Friuli-Venezia Giulia possa effettivamente rivendicare un ruolo fondamentale nella genesi di questo patrimonio gastronomico italiano.

L’importanza di questa scoperta va oltre il semplice aspetto storico-gastronomico, rappresentando una testimonianza preziosa di come le tradizioni culinarie si tramandino attraverso le generazioni, evolvendosi e adattandosi ai tempi e alle disponibilità locali degli ingredienti. Il caso del Dolce Livenza dimostra perfettamente come nelle cucine domestiche e nelle piccole trattorie di provincia si sperimentassero continuamente nuove preparazioni utilizzando gli ingredienti disponibili, creando quella base di conoscenze e tecniche che avrebbe poi dato vita alle ricette che oggi consideriamo “tradizionali”. La ricetta di Nonna Catina, con le sue varianti che ancora oggi ritroviamo nelle interpretazioni familiari del tiramisù in tutto il mondo, rappresenta quindi un anello fondamentale nella catena evolutiva che ha portato alla codificazione del dessert italiano più celebrato a livello internazionale, confermando come l’Accademia Italiana della Crusca abbia giustamente inserito il tiramisù tra gli “italianismi gastronomici” presenti in ventitré lingue diverse.

La vicenda del Dolce Livenza è emersa grazie al progetto “VisitSacile” e al lavoro degli studenti dell’indirizzo di Grafica e Comunicazione dell’Isis Sacile e Brugnera, in collaborazione con l’ufficio turistico IAT Sacile, che hanno realizzato il video-intervista a Sandra Micheletto. Questo materiale documentario, oltre a preservare la memoria di una tradizione culinaria locale, ha permesso agli organizzatori della Tiramisù World Cup di includere la ricetta dell’antenato del tiramisù nel cookbook 2025, che raccoglie le migliori creazioni dei concorrenti della competizione mondiale che si svolgerà a Treviso dal 9 al 12 ottobre. La storia di Nonna Catina e del suo Dolce Livenza rappresenta quindi non solo una scoperta gastronomica di straordinario valore, ma anche un esempio di come la valorizzazione del patrimonio culturale locale possa contribuire alla comprensione delle radici storiche delle nostre tradizioni culinarie più amate e diffuse nel mondo.