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Milano, la carbonara da 70 euro che divide l’Italia: lusso o provocazione gastronomica

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Anelli di Zucchine

Nel cuore di Milano, precisamente in via Procaccini 33, si consuma una delle discussioni gastronomiche più accese degli ultimi mesi, centrata attorno a un piatto che ha fatto infuriare puristi e appassionati di cucina tradizionale italiana. La Carbondoro, questo il nome della creazione che sta facendo discutere, rappresenta la carbonara più costosa d’Italia con un prezzo di settanta euro a porzione, servita nel ristorante Procaccini dello chef trentenne Emin Haziri

La ricetta tradizionale della carbonara, patrimonio indiscusso della cucina romana e simbolo della semplicità italiana, viene completamente reinterpretata attraverso l’aggiunta di ingredienti che elevano il piatto a livelli di lusso estremo. Lo chef Haziri ha inserito nella sua versione caviale di storione bianco, foglie d’oro commestibili, zafferano e guanciale di maiale iberico Cinco Jotas, accompagnati da pasta artigianale del prestigioso pastificio Graziano di Avellino. Questa combinazione di ingredienti pregiati giustifica, secondo l’autore del piatto, un prezzo che ha immediatamente scatenato una tempesta di critiche sui social network, in particolare su Instagram e TikTok, dove migliaia di utenti hanno definito esagerata la proposta gastronomica milanese.

La filosofia dietro questa creazione culinaria non nasce dal caso, ma rappresenta il culmine di un percorso di ricerca durato circa sei mesi, durante il quale lo chef ha cercato il giusto equilibrio tra sapori, consistenze e presentazione estetica. Haziri, intervistato da La Repubblica, ha spiegato che l’obiettivo non era semplicemente quello di creare il piatto più costoso possibile, ma piuttosto di realizzare una provocazione culturale utilizzando uno dei simboli più riconosciuti della tradizione culinaria italiana. Il giovane chef, originario del Kosovo e arrivato in Italia all’età di sette anni come rifugiato insieme alla famiglia dopo un viaggio pericoloso organizzato da traghettatori di clandestini, ha costruito la sua carriera attraverso esperienze formative di altissimo livello presso ristoranti stellati e chef di fama internazionale.

Il percorso professionale di Emin Haziri rappresenta una storia di riscatto sociale e professionale che aggiunge ulteriore significato alla sua proposta gastronomica. Dopo essere arrivato a Trieste in una sera di novembre del 2002, soffrendo il freddo della bora e dormendo la prima notte in un sottoscala prima di ottenere lo status di rifugiato, il giovane chef ha ereditato la passione per la cucina dalla madre e dalle nonne, specializzandosi successivamente attraverso un percorso formativo che lo ha portato a lavorare presso il Miramonti l’Altro di Philippe Leveillé, nelle cucine di Carlo Cracco ed Enrico Bartolini, al celebre Noma di Copenhagen e infine come head chef del bistrot stellato di Antonino Cannavacciuolo a Torino. Questo background internazionale e la mentalità aperta acquisita attraverso esperienze culinarie diverse hanno contribuito a formare la sua visione gastronomica, che unisce rispetto per la tradizione e ricerca dell’innovazione.

La composizione della Carbondoro rivela un’attenzione maniacale per la qualità delle materie prime, elemento che lo chef utilizza per giustificare il prezzo elevato del piatto. I dieci grammi di caviale di storione bianco, le tre foglie d’oro e il guanciale di maiale iberico Cinco Jotas rappresentano ingredienti il cui costo elevato si riflette direttamente sul prezzo finale della preparazione. La pasta del pastificio Graziano di Avellino, riconosciuto per l’eccellenza dei suoi prodotti artigianali, completa un quadro di eccellenze gastronomiche che trasformano un piatto della tradizione popolare in un’esperienza culinaria di lusso assoluto.

La polemica scatenata dalla Carbondoro riflette una tensione più ampia nel mondo della gastronomia italiana contemporanea, divisa tra conservatori che difendono la purezza delle ricette tradizionali e innovatori che vedono nella rivisitazione creativa un’opportunità di evoluzione culinaria. Il dibattito sui social network ha evidenziato come la carbonara, più di altri piatti, rappresenti un simbolo identitario per milioni di italiani, tanto che qualsiasi modifica alla ricetta originale viene percepita come un attacco alla tradizione nazionale. Tuttavia, Haziri ha ribattuto alle critiche sottolineando che il valore del piatto non risiede esclusivamente negli ingredienti pregiati, ma comprende anche lo studio, la ricerca e l’esperienza sensoriale complessiva che il ristorante intende offrire ai propri clienti.

Il ristorante Procaccini, dove viene servita la Carbondoro, propone tre percorsi di degustazione diversi, ma offre anche la possibilità di ordinare esclusivamente il piatto controverso per chi desidera provare l’esperienza senza impegnarsi in un menu completo. Questa strategia commerciale dimostra la consapevolezza da parte della direzione che il piatto rappresenta più un’attrazione mediatica e un simbolo di status che una proposta gastronomica rivolta a un pubblico di massa. La scelta di posizionare il ristorante in una zona prestigiosa di Milano, città che negli ultimi anni ha vissuto una vera e propria rivoluzione gastronomica con l’apertura di numerosi locali di alta cucina, conferma l’intenzione di rivolgersi a una clientela disposta a investire cifre considerevoli per esperienze culinarie esclusive.

Il fenomeno della Carbondoro si inserisce in un contesto più ampio di evoluzione della ristorazione milanese, dove negli ultimi anni sono proliferati ristoranti che propongono rivisitazioni creative di piatti tradizionali a prezzi elevati. Il successo mediatico ottenuto dal piatto di Haziri, indipendentemente dalle controversie, dimostra l’efficacia di strategie comunicative basate sulla provocazione e sull’eccesso, capaci di generare discussioni e visibilità che si traducono in notorietà per il ristorante e lo chef. La sfida per Haziri sarà ora quella di dimostrare che dietro la provocazione mediatica si nasconde una proposta gastronomica di qualità autentica, capace di giustificare non solo il prezzo elevato ma anche l’attenzione mediatica ricevuta.

In conclusione, la Carbondoro rappresenta un caso di studio interessante per comprendere le dinamiche contemporanee della gastronomia italiana, dove innovazione e tradizione si scontrano in un dibattito che va oltre la semplice valutazione culinaria per toccare questioni identitarie e culturali profonde. Che si tratti di una geniale operazione di marketing o di una legittima evoluzione creativa della cucina italiana, il piatto di Emin Haziri ha certamente raggiunto l’obiettivo di far parlare di sé, dimostrando come la gastronomia possa diventare veicolo di discussioni sociali e culturali che vanno ben oltre i confini della cucina.

Immagine: Instagram @procaccinimilano