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La Top 10 dei cibi italiani più “taroccati”

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Anelli di Zucchine

Il fenomeno della contraffazione alimentare italiana ha raggiunto dimensioni allarmanti a livello globale, con oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre che risultano falsi senza alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese. La denuncia arriva da Coldiretti in occasione della Giornata mondiale contro la contraffazione che si celebra il 12 giugno, con dati che evidenziano come il valore globale dell’italian sounding abbia superato i 120 miliardi di euro, rappresentando un grave danno economico e di immagine per la filiera nazionale.

Questo business illecito colpisce tutti i prodotti, a partire da quelli a Denominazione di origine, e riguarda soprattutto i Paesi ricchi, con in testa gli Stati Uniti dove la produzione di “tarocchi” ha superato i 40 miliardi di euro in valore. Il fenomeno potrebbe inoltre trovare ulteriore spinta dall’eventuale imposizione di dazi sull’agroalimentare Made in Italy, poiché l’aumento dei prezzi degli “originali” porterebbe i consumatori americani a indirizzarsi verso beni più economici, a partire dai cosiddetti “italian fake”.

La mozzarella si conferma il prodotto più taroccato al mondo, guidando una classifica che vede ai primi posti principalmente formaggi e salumi. Negli Stati Uniti vengono prodotti ogni anno circa 2,7 miliardi di chili di formaggi “falsi”, una quantità che supera addirittura la produzione di formaggi americani tradizionali come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack. Il 90% dei formaggi di tipo italiano venduti negli USA sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York.

Le imitazioni dei prodotti italiani sono diffuse in tutto il globo, dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo. Dalla “Zottarella” tedesca alla “Mortadela di Sicilia”, passando per gli improbabili “Reggianito” e “Parmesao” sudamericani, le varianti del falso Made in Italy assumono denominazioni che strizzano l’occhio al tricolore attraverso l’uso di parole, simboli o colori che evocano l’Italia.

Secondo le stime di Coldiretti, attraverso la lotta al falso Made in Italy si potrebbero creare ben 300mila posti di lavoro in Italia. Il danno economico risulta particolarmente grave se si considera che il mercato dei dieci prodotti alimentari Made in Italy più imitati all’estero rappresenta il doppio del valore delle esportazioni di cibo italiano nel mondo.

La Russia rappresenta oggi una vera novità nel panorama della contraffazione alimentare italiana. Con la guerra in Ucraina e l’embargo agli scambi commerciali, si è diffusa nel Paese di Putin una fiorente produzione di imitazioni del Made in Italy che hanno sostituito le esportazioni tricolori. In molti territori, dagli Urali alla regione di Sverdlovsk, sono sorte fabbriche specializzate nella produzione di imitazioni di formaggi e salumi italiani.

Il sindacato russo dei produttori lattiero-caseari, Soyuzmoloko, ha stimato che la produzione di formaggio russo è quadruplicata raggiungendo i 47 miliardi di rubli, di cui una discreta fetta è rappresentata proprio dai prodotti simil-italiani come il Parmesan. Dal salame “Italia” alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, ma anche la mortadella Milano, tutti rigorosamente realizzati nel Paese di Putin.

La Top 10 dei cibi Made in Italy più taroccati nel mondo, secondo l’elaborazione di Coldiretti, vede al primo posto la mozzarella, seguita da Parmigiano Reggiano e Grana Padano al secondo posto. Al terzo posto si trova il provolone, seguito dal Pecorino Romano in quarta posizione. La quinta posizione è occupata da salami e prosciutti, mentre al sesto posto troviamo la mortadella.

La classifica prosegue con i sughi al settimo posto, il vino all’ottavo, il pesto al nono e chiude l’olio extravergine di oliva al decimo posto. Anche i vini italiani subiscono pesanti contraffazioni, dal Chianti al Prosecco che risulta essere la Dop più imitata con varianti come il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Prosek croato.

Particolarmente preoccupante risulta la situazione negli Stati Uniti, dove solo un prodotto alimentare su otto di quelli venduti come Made in Italy è realmente italiano. Le percentuali di imitazione raggiungono livelli sconcertanti: il 97% dei sughi per pasta, il 94% delle conserve sott’olio e sotto aceto, il 76% dei pomodori in scatola e il 15% dei formaggi sono in realtà imitazioni.

La ricerca di The European House – Ambrosetti ha quantificato i danni causati dall’Italian Sounding nel settore agroalimentare in 63 miliardi di euro annui. La Lombardia risulta essere la regione italiana più colpita dal fenomeno con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi di euro l’anno, seguita da Veneto con 10 miliardi di euro ed Emilia-Romagna con 9,9 miliardi di euro.

Le regioni più colpite dal fenomeno sono quelle che concentrano la propria esportazione su prodotti ad alta intensità di Italian Sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno quali Giappone, Brasile e Germania. Il Piemonte subisce un danno di 8,7 miliardi di euro, la Campania di 5,5 miliardi, mentre la Toscana vede colpiti soprattutto i suoi oli extravergine di oliva e vini per un danno di 3,5 miliardi di euro.

Di fronte a questa emergenza, Coldiretti ha lanciato una proposta di legge europea di iniziativa popolare con l’obiettivo di raggiungere un milione di firme per dire basta ai cibi importati e camuffati come italiani. L’iniziativa, partita dal Brennero nell’aprile 2024, mira a estendere l’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta a tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Unione Europea. La campagna può essere sostenuta firmando in tutti i mercati contadini di Campagna Amica, negli uffici Coldiretti o online, ed è promossa sui social media con l’hashtag #nofakeinitaly.

L’obiettivo della battaglia intrapresa da Coldiretti è quello di garantire la trasparenza dell’origine dei prodotti per dire basta ai cibi importati e camuffati come italiani, difendendo la salute dei cittadini e il reddito degli agricoltori. Attualmente le norme permettono di italianizzare prodotti esteri attraverso trasformazioni minime, un inganno che danneggia i consumatori e il Made in Italy. La richiesta di applicare il principio di reciprocità rispetto alle importazioni di prodotti agroalimentari da quei Paesi dove non vigono le stesse regole in materia di sicurezza alimentare si accompagna alla necessità di garantire la piena trasparenza su quanto si mette nel piatto.