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Cosa Mangiano i Cardinali? Dentro la Cucina Segreta del Conclave

La cucina del Conclave 2025 si conferma un equilibrio tra sobrietà rituale e rispetto per la tradizione culinaria italiana. I 135 cardinali elettori, riuniti nella Domus Sanctae Marthae, troveranno menu curati ma essenziali: risotti, paste al forno, carni bianche e pesce fresco accompagnati da verdure di stagione. Il vino, consentito in modiche quantità, viene servito solo su richiesta mentre sono banditi superalcolici. Una scelta che unisce necessità nutrizionali e simbolismo spirituale, mantenendo i porporati concentrati sulla loro missione.

La residenza vaticana ospita una cucina dedicata con personale selezionato tra cuochi laici già operativi nelle strutture pontificie. Ogni membro dello staff sottoscrive un giuramento di segretezza che vieta qualsiasi interazione non essenziale. Le misure di sicurezza includono dispositivi anti-spionaggio nelle aree comuni e controlli rigorosi sugli ingressi. Il servizio ai tavoli avviene in silenzio, con piatti trasportati attraverso percorsi prestabiliti per garantire l’isolamento dai mondani esterni.

I pasti: struttura e ingredienti

La colazione prevede caffè, tè, pane fresco e marmellata. A pranzo si alternano primi piatti come spaghetti alle vongole o risotto agli asparagi, seguiti da secondi di pollo al limone o branzino al cartoccio. Le cene sono più leggere, spesso con minestre di legumi e torte salate. Il pane viene sfornato giornalmente mentre la domenica è prevista una crostata di frutta come unico concessione al dolce.

Atmosfera e dinamiche sociali

Il refettorio della Domus mantiene un’aura di raccoglimento: le conversazioni sono limitate e incentrate sulle riflessioni spirituali. Fonti del 2013 riportano apprezzamenti dei cardinali americani per la qualità delle materie prime, pur nel contesto ascetico. Un aneddoto curioso racconta di due porporati sorpresi da fedeli inginocchiati mentre consumavano un gelato alla Latteria Giuliani.

Storia alimentare dei conclavi: da Gregorio X a Francesco

La costituzione “Ubi periculum” del 1274 impose restrizioni drastiche: dopo tre giorni senza elezione, un solo pasto quotidiano. Il conclave di Viterbo (1268-1271) vide addirittura la rimozione del tetto per costringere i cardinali a decidere. Nel Rinascimento, Bartolomeo Scappi rivoluzionò i menu introducendo piatti elaborati come l’anguilla al vino e le frittelle di ceci. Oggi il ritorno alla semplicità riflette l’approccio pastorale di Francesco, che nella Domus ha vissuto durante il pontificato.

Nel 2013 le suore di Santa Marta servirono minestre e spiedini di carne bollita, menu definiti “ospedalieri” dai cronisti. Una scelta diametralmente opposta allo sfarzo del 1549, quando Scappi imbandì banchetti con fagiani alla melagrana e timballi di pasta. L’attuale sobrietà rispecchia sia esigenze dietetiche moderne sia la volontà di evitare distrazioni, pur mantenendo un legame con la cultura gastronomica locale.

I piatti raggiungono la Domus attraverso corridoi blindati, con sistemi di trasporto che evitano contaminazioni. Le ricette vengono approvate dalla Prefettura della Casa Pontificia per garantire equilibrio nutrizionale. Eccezioni alimentari sono consentite solo per allergie certificate, mentre richieste speciali vengono respinte per non creare disparità. Un dettaglio significativo: le posate sono in argento massiccio ma senza stemmi, per sottolineare l’uguaglianza degli elettori.